Narrare e’ resistere
All’inizio di quest’anno mi ero imposto di leggere un numero elevato di libri, almeno uno al mese per riconciliare con una delle mie passioni e non lasciare che le ore di lavoro trascorse dietro un computer arrugginissero o meglio distruggessero il mio cervello. Il 2017 per me è stato un anno di rottura. Troppo tempo trascorso a lavorare su analisi di dati, troppo tempo trascorso su desktop, laptop, tablet, smartphone ad inviare email, a comunicare via chat e a reperire informazioni su wiki e internet. In poche parole troppa esposizione a fonti di informazione e comunicazione digitale. Pertanto, ho cercato un rifugio, un ritorno alla carta stampata, alla lettura, alla lentezza, al tempo giusto dato all’arricchimento della conoscenza.
E’ interessante pensare come storicamente il pensiero umano sia stato modellato attraverso i secoli dai cosiddetti "strumenti della mente" e cioè dall'alfabeto, dalle mappe, dalla stampa, dall'orologio e adesso dal computer. E’ scientificamente testato come il nostro cervello cambi in risposta alle nostre esperienze e le tecnologie moderne che utilizziamo per trovare, archiviare e condividere informazioni possono letteralmente reindirizzare i nostri percorsi neurali. In inglese questo processo viene definito “rewiring”, alla lettera “ricablaggio”.
Internet incoraggia la selezione rapida e distratta di piccole parti di informazioni provenienti da fonti disparate e la sua essenza è basata sulla velocità ed efficienza di produzione e consumo di informazioni. Di conseguenza, la Rete ci sta riorganizzando rapidamente alla sua immagine. Stiamo diventando sempre più abili nello scannerizzare e scremare, ma ciò che stiamo perdendo è la nostra capacità di concentrazione, contemplazione e riflessione. Al contrario della Rete, il libro stampato ci aiuta a focalizzare la nostra attenzione, promuovendo un pensiero lineare, profondo e creativo. “The Shallows” e’ un bellissimo libro dello scrittore statunitense Nicholas Carr, finalista del Pulitzer 2011, che parla di queste interessanti tematiche e che consiglio vivamente. Ma non e’ mia intenzione approfondire ulteriormente questa tematica, quindi e’ meglio ritornare al punto di partenza, al mio obiettivo di inizio anno, leggere, leggere, leggere.
A 12 mesi di distanza posso ritenermi soddisfatto in quanto sono riuscito nel mio intento e con tenacia e persistenza ho sforato nettamente la soglia minima che mi ero imposto. Pagina dopo pagina ho riconciliato con il piacere della lettura, con il suo passo lento e continuo, con l’evolversi lineare della storia raccontata, con il gusto di cercare punti di contatto con lo scrittore e con la realtà che viene esposta. Da qualche parte ho letto una frase di Corrado Augias, una frase bellissima che dice:
“I libri sono una bussola per capire il tempo che viviamo ”
Sinceramente non posso essere più d’accordo. In questi tempi tecnologici di click, like, swipe, skype, fake news e testi virtuali che spariscono in poche ore, in questi tempi veloci e superficiali, i libri aiutano a ritrovare la giusta dimensione, a risvegliare le nostre menti controllate o in letargo, i libri ci ridanno una coscienza mettendoci a disposizione pensieri e storie disparate, facendoci vivere mille vite. Saramago diceva che il solo atto di toccare un libro è una responsabilità perché tra le mani abbiamo le parole di uno scrittore, il suo testamento, la sua vita.
Guardando indietro faccio quasi fatica a scegliere il libro che più mi ha emozionato e ispirato quest’anno. Poi pero’ ricordo una frase dello scrittore brasiliano Guimaraes Rosa, “Narrare è resistere” e torno a sfogliare le pagine del libro in cui l’ho letta, “Le rose di Atacama” di Luis Sepulveda, il cui titolo originale in spagnolo è ancora più intriso di significato “Historias marginales”, storie marginali. In questa raccolta di storie, Sepulveda ricorre alla scrittura per narrare vicende epiche o insignificanti di gente comune e la parola diventa una forma di resistenza all'oblio, il mezzo per dar voce a vicissitudini di amici, conoscenti, familiari e gente mai incontrata.
Il titolo italiano coincide con quello di un capitolo cardinale dell’opera, “Le rose di Atacama”. La fioritura di queste rose è un evento unico in quanto avviene una volta l’anno in uno dei posti più aridi del globo, il deserto salato di Atacama, in Cile. La brevissima vita di questi fiori è il loro unico momento di splendore, e la loro magnificenza trasforma un paesaggio secco, inospitale in un tappeto colorato di inenarrabile bellezza. Nonostante il ciclo vitale dei fiori nel deserto di Atacama sia brevissimo, i semi delle piante resistono a condizioni estreme garantendo nuove fioriture negli anni a venire. Allo stesso modo, gli eroi e gli antieroi di cui parla Sepulveda sono individui comuni, marginali, spesso perdenti, persone orgogliose, coraggiose, che vivono luoghi o situazioni ostiche, i cui nomi non riempiono le pagine dei libri di storia ma che danno un senso alla loro esistenza attraverso le loro azioni. Può sembrare un cliché ma la storia è quasi sempre scritta dai vincitori e le storie dei perdenti, le storie secondarie, emarginate, centinaia di storie che meritano di essere tramandate si perdono nel tempo e restano senza voce. Dopo questi dodici mesi di fervida lettura mi pongo nuovi obiettivi, e continuerò nella scoperta di opere e testi disparati per non finire ingabbiato dalle costrizioni selettive della società moderna e dei mass media. Inoltre racconterò storie di gente ordinaria, di gente comune affinché vicende e vite apparentemente anonime e irrilevanti possano avere una voce e resistere al tempo e alla memoria.
Chiudo citando un passaggio del libro di Sepulveda, 7 righe ruvide e intense che richiamano un frangente in cui lo scrittore cileno, in visita al campo di concentramento di Bergen Belsen si imbatte in un’incisione su una pietra a due passi dai forni crematori.
“Io sono stato qui e nessuno raccontera la mia storia” aveva scritto una donna, forse, o un uomo. E quando? Pensava alla sua saga personale , unica e irripetibile, o l’aveva fatto in nome di tutti coloro che non vengono mai citati nei notiziari, che non hanno biografie, ma solo un labile passaggio per le strade della vita”